Un thriller psicologico davvero interessante: Fair play su netflix

Bravi attori e una bella storia: questo psicothriller in onda su Netflix, Fair play, garantisce una serata davvero interessante.

La storia: lui e lei, Luke ed Emily, sono colleghi innamoratissimi, appassionati e decisi a sposarsi. Hanno un bel lavoro, ottimi stipendi, un appartamento shabby chic a New York. Il loro unico problema, allo stato, è che lavorano per la stessa società di consulenza finanziaria e le relazioni fra colleghi sono decisamente scoraggiate. Così, malgrado lei abbia annunciato le prossime nozze alla madre, continuano a presentarsi separatamente in ufficio dove ostentano un rapporto di pura colleganza. Ma quando lei, che è un genietto della  finanza, ottiene la promozione che lui tanto sognava, diventando di fatto il suo superiore, il loro magico equilibrio inizia a creparsi fino ad andare definitivamente in frantumi in un crescere di tensione e violenza verbale e non solo.

Gli attori. Bravissimi: lei è Phoebe Dynevor, già vista in Bridgerton; lui Alden Ehrenreich, un po’ bietolone ma convincente nella parte.

Le critiche. Il film punta un po’ sul sesso, con qualche scena vagamente hard, e indulge un po’ sulla violenza. Qualcuno lo ha criticato per la negatività e per come rappresenta un rapporto aggressivo e un po’ banale.
il mio giudizio. Malgrado qualche punto negativo, (e il finale aperto secondo me lo è), il film è comunque interessante nel mostrare un mondo, quello in cui si lavora 100 ore a settimana e dove il denaro è la unica motivazione e nell’ evidenziare come gli equilibri dei rapporti cambino quando cambia anche solo un fattore economico o di potere.
La curiosità. La scenografia del film, sostanzialmente due ambienti, gli uffici e l’appartamento della coppia, è estremamente curata per accentuare il senso di tensione e chiusura di ogni via di uscita possibile. Gli uffici sono realizzati completamente in vetro, quindi non solo non ci si può nascondere, anzi, ogni espressione, dialogo, tensione viene in qualche modo esacerbata come sotto una lente di ingrandimento. Ma persino il loro appartamento, piccolo e affollato di cose, sembra restringersi attorno a loro man mano che la tensione cresce. Perché di fatto è così: con una mossa un po’ alla Hitchcock le pareti sono state avvicinate anche se di poco, nel progredire della storia, acuendo così il senso di oppressione e claustrofobia del loro rapporto.