Sono sfollata da tre mesi al lago – bellissimo come vi ho raccontato, il lago d’Ora, un panorama che ancora ogni giorno mi incanta. Ci sono arrivata convinta di rimanere da sabato a domenica, con un cambio, 1 t short, 1 pile e un paio di fuseaux. Scarpe invernali, un paio, e
un cappottino perché il 7 marzo faceva freddo. In queste settimane di lockdown, per precauzione, a fare la spesa andava sempre mio genero. Io, al massimo, fino su in paese, nel negozietto in cui si entrava uno alla volta, attraversando strade deserte. Una maglietta indosso, l’altra a lavare; stessa sorte per pile e fuseaux, che nel frattempo si sono bucati (i pantaloni). Con i negozi chiusi, e Decathlon che non consegnava, è arrivato provvidenziale un pacco da Dallas, Texas, inviato dalla nostra amica: solo che le gambe delle americane sono trooooppo lunghe, per cui gli unici che mi stanno sono i Capri pants. La maglietta e la felpa che mi ha inviato le sto tenendo per le occasioni mondane: ovvero i collegamenti via web con qualche amica o qualche trasmissione. E siamo al punto: oggi ho deciso, dopo due mesi e sette giorni di clausura, di avventurarmi a fare la spesa. Ma… che cosa mi metto? La mia divisa casalinga ormai mi sembra quella di una carcerata – e un po’ mi comincio a sentire tale. Nessuna speranza di poter tornare nella mia città – a 80 km, ma in una altra regione – prima del 5 giugno. Nessuna speranza, quindi di recuperare cambi, jeans o giacche che giacciono appesi sui loro ometti nel silenzio del mio appartamento. Men che meno gli abiti eleganti, che speravo tanto di sfoggiare in qualcuna delle occasioni mondane che piano piano ho cancellato una a una dalla mia agenda. Che mondo troveremo alla fine di tutto questo? E come staremo? Se saremo risparmiati dal virus, che cosa sarò successo nelle nostre teste e nei nostri corpi dopo tanta ansia, segregazione, isolamento. Le idee sono scintille, sia dal punto di vista metaforiche che reale: e temo proprio che stiano diminuendo alla velocità delle luce…
Sto per andare alla Lidl (e non ho niente da mettermi!)
a cura di ELENA MORA