Sissi , la prima serie televisiva al cinema e il fascino segreto delle principesse

La avete vista la puntata di The royals sulle principesse ieri? Bella, vero? Amo questa trasmissione, e non solo perché mi hanno invitata come ospite! La trovo anche perfetta per l’estate quando uno ha voglia di rilassarsi un po’, specialmente dopo i mesi durissimi del Covid, dell’isolamento, dell’ansia e della paura. Una delle prove dell’arrivo dell’estate, secondo me, sono i film di Sissi. Rispolverati ai primi caldi – come Via col vento prima dell’ostracismo – sono sempre una garanzia di rilassamento. e sono anche stati una delle prime serie al cinema: dopo il successo del primo, La principessa Sissi, la serie è proseguita con Sissi la giovane imperatrice e Sissi il destino di una imperatrice (la fantasia per i titoli non è un gran che) proponendo gioie e dolori di una vita, quella di Elisabetta d’Austria, che ebbe decisamente più dolori che gioie. Un po’ come quella di Romy Schneider, la bellissima interprete dei film, morta a 43 anni per arresto cardiaco (così disse l’autopsia, ma molti pensano a un suicidio) un anno dopo la morte del figlio 14enne, salito su un cancello la cui punta aveva reciso l’arteria femorale.
La vera Sissi, pugnalata a morte da un anarchico, è stat un personaggio decisamente interessante: bellissima, affascinante e nevrotica, è stata anoressica prima che la malattia diventasse un fenomeno; la cura del suo corpo e dei suoi capelli una ossessione; quella dell’immagine una mania. Il matrimonio con Francesco Giuseppe, che a modo suo la amava, è felice solo nei film: vere sono le tensioni spaventose nella sua vita a Corte, a cui non riuscì mai ad abituarsi; la svolta nella sua vita il suicidio del giglio Rodolfo, l’amatissimo e desideratissimo erede al trono. Da allora, Sissi si veste sempre di nero, copre il volto con veli e ventagli, anche per ascendere i danni del passare degli anni, e lasciare intatto il ricordo della sua bellezza, celebrata da poeti e immortalar da pittori. Gira il mondo irrequieta, mascherando i suoi problemi con mai verificate malattie ai polmoni; cerca il caldo a Madera e a Cipro; e si presenta puntuale all’appuntamento con la morte, a Ginevra, dove l’italiano Luigi Lucheni affonda nel suo petto una lima affilata: in un primo momento nessuno si accorge della ferita, né lei né le dame che la accompagnano, e salgono sul battello che le aspettava sul lago. Solo quando la imperatrice sviene ci si accorge della ferita al petto; un’ora dopo lei muore. Lascia un marito disperato, un impero che sta per crollare, una raccolta di poesie i cui diritti protranno andare, scrive, per aiutare i perseguitati politici e i loro famigliari. Così, quando la cassetta viene aperta, come da sue volontà, 60 anni dopo la sua morte, nel 1950, vengono pubblicate in Italia nel 1998, a 100 anni dalla sua morte e l’editore decide di devolvere i diritti ad Amnesty International.