Una serie israeliana, in lingua, con sottotitoli? Ma che cosa mi viene in mente! Eppure, eppure… sono rimasta catturata da questo telefilm cupo, lento, a tratti lentissimo, su una famiglia ortodossa che vive a Gerusalemme, ai nostri giorni, ma come un paio di secoli fa. Niente computer, niente telefonini, matrimoni combinati dopo un solo incontro e preghiere, preghiere e studio – ma rigorosamente solo per gli uomini. Eppure, è dai tempi di Beautiful che non venivo catturata così da una serie tv (questa è su Netflix). La citazione è d’obbligo, visto che la nonna della piccola tribù, che nella sua stanza al ricovero ha eccezionalmente la tv, non solo guarda Beautiful, ma ha anche aggiunto Ridge e Brooke fra le persone per cui prega quotidianamente. Piccole crepe di umorismo in una serie seria (scusate il gioco di parole), serissima, quasi virata seppia come nelle vecchie foto visto che di colore ce ne è pochissimo. Molto colore locale, invece, con gli usi e i costumi di questa comunità così legata al passato; e decisamente divertente vedere come, malgrado le donne non abbiano alcun potere, né economico né politico né di alcun tipo, siano le vere registe che muovono i fili di quegli uomini cos’ seri, cos’ potenti, così… marionette, consapevoli o inconsapevoli, nelle loro mani. Decisamente interessante, ma attenzione: crea dipendenza!
Shitsel, Beautiful e l’elogio della lentezza
a cura di ELENA MORA