Ricci e ricordi: le castagne

Domenica, bella giornata di sole sul lago, piccolo gruppo di bambini e ragazzi dai 3 ai 13 anni. Che fare per restare distanziati? Passeggiata nel bosco a raccogliere le castagne. Come da generazioni, come una volta, fra foglie e ricci, il luccichio del lago in basso, a tratti. Per noi ragazzini di campagna l’idea di comprare castagne dal fruttivendolo sembrava un poco balzana, né sfiorava le nostre famiglie, oculate per tradizione: da una breve passeggiata si tornava a casa con la sporta piena di frutti luccicanti con qualche fungo edibile – non porcini, no, ma mazze di tamburo o chiodini – vedere poi quei buffi cittadini sobbarcarsi ore di macchina per raccogliere frutti così “da poveracci” ci lasciava decisamente perplessi.

Non che non ci piacessero, tutt’altro! Il giorno dei morti attendevamo con ansia che si terminasse di recitare il rosario (ve lo ricordate? Il rosario con le stazioni della via crucis, che sembrava non finire mai!) spiando la pentola con le castagne lesse sul fuoco da tempo. Le caldarroste, poi, erano considerate il non plus ultra delle leccornie autunnali. Buone sì ma, come tutte le cose buone che si hanno a portata di mano, così comuni da non badarci quasi.

C’erano poi “castagne bianche”,  le caramelle dei poveri.  Castagne essiccate, leggermente affumicate e sbucciate, spesso legate in braccialetti o collane che si compravano vicino ai santuari o nei mercati, che a volte mangiavamo direttamente crude, anche se per ammorbidirle con la saliva necessitava tutta la nostra buona volontà; avevano un poco anche il gusto del proibito perché la nonna ammoniva: “Non mangiatene troppe, fanno venire i pidocchi!”. La fondatezza e la spiegazione scientifica di quella minaccia non ci sono mai stati svelati. Forse la minacciosa ammonizione era solo dovuta  al fatto che, messe a bollire, le castagne si gonfiavano ben bene, rendendo molto di più di quelle specie di caramelle durissime. Non era raro, solo un paio di generazioni fa, trovare per cena una scodella di castagne bianche bollite nel latte: e non era certo una delle peggiori, insieme con il late con il pane.

Di certo noi bambini avremmo dato volentieri borsate di castagne, secche e non, per un qualcosa di esotico come un ananas; mentre oggi si trovano in commercio castagne sottovuoto a un prezzo con cui si potrebbero comprare tre ananas; il fruttivendolo presenta i marroni dalle provenienze rigorosamente certificate e dalla buccia luccicante come pietre preziose – e più o meno allo stesso prezzo. Ma se si riescono a trovare quelle secche, si può preparare un dessert che ha un sapore dei tempi passati e, come direbbe Guccini, il colore della nostalgia…

 

CASTAGNE SECCHE BOLLITE

Le castagne secche vanno ammollate in acqua tiepida per parecchie ore, meglio una notte; si sciacquano, si levano delicatamente e con santa pazienza le ultime pellicine rimaste nelle rughe dei frutti; poi si sistemano in una capace pentola coprendole di acqua mista a latte (c’è chi vi aggiunge una foglia di alloro) e si portano dolcemente a bollore lasciandole cuocere per due o tre ore sempre a fuoco dolcissimo; non dovrebbe essere necessario aggiungere altro liquido, comunque se fosse il caso si può, badando però di aggiungerlo ben bollente. A cottura quasi ultimata, quando le castagne saranno assai morbide, andrebbe aggiunta un poco di vaniglia e un goccio di moscato.