Rebecca e della autostima femminile

Chi ha memoria del film “La prima moglie Rebecca” di Hitchcock rimarrà un po’ deluso da questo Rebecca proposto da Netflix. Ma si sa, le cose del passato sembrano sempre (e a volte probabilmente lo sono) meglio di quelle di oggi. In ogni caso questo recentissimo film è molto godibile perché la trama del romanzo di Daphne du Maurier, malgrado risalga al 1938, è comunque sempre molto attuale. Molto godibile perché – e va detto subito, la perfida governante è interpretata da una grandissima Kristin Scott Thomas; perché il grande castello di Manderley è sontuoso e spaventoso nello stesso tempo; perché comunque è una favola gotica ma a lieto fine. In ogni caso mi ha fatto molto riflettere sulla capacità delle donne di mancare di autostima, di mancare di rappresentazione. Avevate fatto caso che nel romanzo, come nei due film, la protagonista non ha nome? E’ solo “una giovane donna”, povera. Mentre ovunque campeggia il nome della prima moglie del protagonista, Rebecca. La sua immagine, il suo ricordo. Qualcosa che non esiste, o perlomeno non esiste più, ma che comunque è lì a dimostrare, non si sa come non si sa perché, che lei, la nostra protagonista senza nome, è di meno, meno bella, meno brillante, meno intelligente. Ottiene visibilità quando il nobile e ricchissimo Maxim de Winter – lui, sì, ha diritto a nome e cognome – si innamora di lei; ottiene un nome quando diventa la signora De Winter, esiste in quanto moglie di. E mi fa tornare in mente la moglie del tenente Colombo, sempre citata in tanti dei suoi telefilm, che ha avuto parte spesso nelle sue intuizioni, ma che non ha mai avuto un nome. Comunque la pensiate, godetevi Kristin Scott Thomas meravigliosa e perfida signora Danvers…

PS: sapevate che il perfido e un pochino sadico Hitchock mentre giravano il film aveva convinto la povera Joan Fontaine che tutti, ma proprio tutti, sul set la odiassero? E che questo le abbia facilitato il compito – si fa per dire – di sembrare del tutto sovrastata dagli eventi?