Perché vi parlo di Sanremo? E perché Sanremo è Sanremo?

Fine settimana di voto: undici milioni al cellulare per votare il cantante, undici milioni alle urne in Lombardia e Lazio per votare i presidenti. Ma si parla molto di più del primo. E anche io ve ne parlo perché Sanremo è Sanremo. Un festival dove non importa davvero chi vince o chi perde, ma chi fa più rumore. Così, Blanco che scalcia i fiori ha già fatto dimenticare il finto nude look della Ferragni e i suoi vestiti parlanti; ma qualcuno dovrebbe dirle che Diana parlava attraverso i vestiti – celebre il revenge dress, il vestito della vendetta, super sexy nella stessa sera in cui l’ex marito raccontava in tv di come la aveva tradita – ma non dava loro un titolo. Il marito fedez dalla Costa Smeralda che al festival non è un luogo ma una nave straccia foto di un viceministro vestito da nazista ed è subito polemica che subentra a quella della presenza, per la prima volta, del presidente della Repubblica: difficile imitare e superare i Ferragnez senza fare strage di fiori. Boom di ascolti in ogni caso per raiuno: perché mentre fuori tutto cambia, e infuria la guerra e il terremoto spazza via intere città, e il covid non ce lo siamo ancora dimenticato, è estremamente rassicurante guardare un festival che rimane sempre uguale a se stesso, cambiando quel poco che serve per non cambiare mai. Con una scenografia che abbraccia il telespettatore, cantanti recuperati da un glorioso passato ma con canzoni che invitano al coro e giovani rapper o trapper tatuati e vestiti in maniera bizzarra, molto creativi nei nomi indecifrabili con una missione:  convincere sempre di più il maturo pubblico della Rai che non ci sono più le canzoni, oltre che le stagioni di una volta. Isterie e gag sul palco, grandi emozioni fra il pubblico soprattutto quando le canzoni vengono riconosciute e cantate.

Dietro le quinte capricci e litigi fra divi, qualche volta inventati, per alimentare le pagine di quotidiani sempre in ritardo di un giorno, visto che le serate di sanremo finiscono ben oltre l’orario di messa in stampa.

Ed è un perfetto abbinamento una serie bellissima che vi consiglio vivamente: Call my agent, su Sky. Prodotta dalla Palomar di Degli Esposti, mostra, con ironia estrema, il lavoro degli agenti di spettacolo, con i professionisti alle prese con divi capricciosi o in ritardo, burloni o nervosi, fra dettagli di contratti, grandi scoop e piccole meschinerie.
Strepitoso il cast fisso, divertentissime le incursioni di veri divi: dalla Cortellesi con Piero Angela a un Sorrentino imperdibile,

fino a un geniale Favino/Che Guevara.
Remake di una analoga serie francese, è però illuminata da una Roma elegantissima e da una protagonista, Marzia Ubaldi, agé e brillantissima Elvira, elegante e divertente. Insomma, a Sanremo come in tv è la rivincita non delle bionde ma delle chiome candide!