pappagalli verdi e sogni di tutti i colori

E’ una storia tanto incredibile quanto vera quella raccontata da Nicoletta Bortolotti in Disegnavo pappagalli verdi alla fermata del metro (Giunti). L’autrice, bravissima, dà voce, e che voce!, a un gruppo di ragazzi della periferia della Milano da bere, anzi, del Giambellino. Il principale protagonista è Ahmed, giovanissimo ma straordinario artista: i suoi disegni iperrealisti punteggiano il racconto, così come le parole di slang, le abbreviazioni, insomma, tutto il linguaggio di una certa parte di mondo, di una fetta di mondo che, spesso, sfioriamo senza vederlo. E la storia di Ahmed sarebbe stata come quella di qualunque alto artista dotato di grande talento senza possibilità di metterlo a frutto se non avesse avuto il suo quarto d’ora di celebrità. La sua storia, infatti, è finita prima sul Corriere della sera, poi a Che tempo che fa: Ahmed ha ottenuto una borsa di studio al NABA, la accademia privata delle belle Arti, infine, è entrato in scena L’angelo invisibile (che nel libro diventa Silent Angel), personaggio poco verosimile ma assolutamente reale, che ha messo in contatto la autrice con il Creta, centro di aggregazione giovanile di Azione Solidale e Ahmed. Ma il pregio più grande di questo libro, a mio parere, è di aprire una finestra su un mondo, su una vita, in cui i diritti non sono una cosa scontata, su cui anche delle matite colorate sono un privilegio, così come la possibilità di studiare. Un mondo con la ricchezza del mescolarsi delle culture, ma con la povertà di mezzi che non permette di valorizzarla. E aprire la mente per scoprire che una rosa è una rosa ma che, anche se disegnata benissimo, ha spine che pungono.