L’insalata russa di Natale – tutte pazze per la maionese!

Avvicinandosi il Natale mi tornano alla mente i pranzi di famiglia – quelli che quest’anno non avremo – e le fatiche della vigilia. Mia mamma era una cuoca pessima, ma curiosamente, sapeva preparare una insalata russa meravigliosa: misteri delle abilità femminili… Ne preparava tre ciotole da servire il 25, per una ventina di persone almeno, e altre piccole come regalo speciale per qualche amica meno brava in cucina. La preparazione della maionese era un vero e proprio psicodramma: il brivido dell’avvio, quando l’uovo incorpora il primo filo di l’olio; quello dell’aggiunta del limone, per renderla morbida, momento estremamente critico; infine, infine, l’assaggio. Troppo dura o troppo morbida? Troppo salato o troppo acida per il limone? Il problema era che appena fatta la maionese ha un sapore differente da quello del giorno dopo, quando gli ingredienti si saranno armonizzati e il limone li avrà “cotti” un pochino. Le rubriche di cucina, la mitica Petronilla o le lezioni di economia domestica a scuola (sì, le femmine, ancora negli anni sessanta studiavano economia domestica: come risparmiare sul gas, come preparare un dolce, come versare l’olio dalla latta alla bottiglia e usarne fino all’ultima goccia…) proponevano le soluzioni più disparate per risolvere il guaio di una maionese sbagliata: aggiungere acqua, acqua molto gasata da frigo, vino bianco frizzante o patate lesse schiacciate. Ma l’unica maniera è, come spesso nella vita, ricominciare da capo.

Io avevo trovato un frullino a immersione meraviglioso, con cui riuscivo a preparare in pochi istanti una altrettanto meravigliosa maionese. Il procedimento, decisamente poco ortodosso, era: preparare nella brocca alta del frullino, nell’ordine, due tuorli e un uovo intero; olio di riso in quantità industriale; il succo di mezzo limone. Inserivo con delicatezza il frullino fino in fondo e, sempre delicatamente, frullavo facendolo salire fino in cima al tutto. Tempo 2 minuti, maionese fantastica. Rotto quello, la magia non ha più funzionato (non chiedetemi perché). Così mi sono trovata a frullare e frullare uova uno dopo l’altro, mentre tutte impazzivano a vari stadi di preparazione. La mia casa al lago è isolata non c’è nessuna vicina a cui chiedere un uovo di riserva , quindi all’ennesimo tentativo, con un solo uovo rimasto, ho chiesto un aiuto dal cielo. Dal cielo sì, ma molto specifico: la nonna Gigna, la mamma di una cugina, aveva una gastronomia per cui preparava 1000 (mille) uova di maionese fresca: ingegnosa, aveva brevettato un suo sistema per reggere le bottiglie di olio che scendeva a quindi a goccia mentre lei mescolava a mano. Che tempi, ragazze! In ogni caso mi era sembrata la persona giusta a cui chiedere aiuto e vi garantisco, ha funzionato: l’ultimo tuorlo ha doverosamente accettato di mescolarsi nella giusta maniera all’olio e da lì sono riuscita a recuperare, con pazienza, anche l’altra maionese impazzita.

Che poi, per dire, l’insalata russa non è russa per niente: pare infatti che sia stata una nobile milanese, Bona Sforza, diventata regina di Polonia e granduchessa di Lituania nel 1500, a portare la ricetta in quelle regioni, da cui sarebbe ritornata, ribattezzata insalata alla russa, in Italia. Se la versione sontuosa parlava di ostriche, caviale e gamberetti annegati nella maionese, la versione nostrana prevede verdure miste, dal terzetto di base, piselli, carote, patate tagliate a tocchetti piccolissimi – il punto di riferimento doveva rigorosamente essere la grandezza di un pisello – a cui si possono aggiungere, a piacere, fagiolini o cavolfiore, lessate al dente, a volte anche funghetti sott’olio non guastano, tonno in una versione piemontese, e condite con abbondante salsa. Poi la golosa insalata viene disposta in una ciotola, di porcellana o di cristallo, ricoperta di maionese e decorata.

PS: la foto in alto, visto che non la ho ancora preparata, è del pastificio Novella; una marca che consiglio vivamente per i ravioli di magro, il pesto squisito, le trofei (si trova nei supermercati meglio serviti). Poi metterò la mia, se viene bene, anche se non so per chi la preparerò…