Lady D : le cinque domande senza risposta sull’incidente, 25 anni dopo

 

1) Perché Diana ha scritto in una lettera “Mi uccideranno”?

“Questa fase della mia vita è la più pericolosa. X sta pianificando un “incidente” per la mia auto, un problema ai freni e gravi danni alla testa, in modo da liberare il campo per un nuovo matrimonio di Carlo”. Così scriveva Diana in una lettera resa pubblica del suo maggiordomo. La principessa del Galles poteva anche avere qualche tendenza alla paranoia, temere nemici immaginari, ma questa premonizione è decisamente troppo precisa per non lasciare aperti degli interrogativi. Le modalità, il matrimonio di Carlo, peraltro questa volta davvero felice…

La lettera:

 

 

2) Perché Henry Paul era al volante?

“Il guidatore del veicolo era in stato di ubriachezza e sotto l’effetto di medicinali incompatibili con l’alcool, uno stato che gli ha impedito di mantenere il controllo del veicolo mentre guidava ad alta velocità” Questo il report dei magistrati francesi nel 1999: ma allora perché Henry Paul si sarebbe messo alla guida? E perché nessuno, né Dodi, né le guardie del corpo o la sicurezza del Ritz, non glielo hanno impedito?

3) Perché solo la guarda del corpo aveva la cintura di sicurezza (e sarebbe stato l’unico a non doverla chiudere)?

Perché Diana e Dodi, come documentato da tutte le foto, non avevano la cintura di sicurezza in una situazione così pericolosa, mentre fuggivano ad alta velocità dai forografi? E perché la guardia del corpo Trevor Rees-Jones, l’unico che non avrebbe dovuto aindossarla, per essere libero di intervenire in qualunque momento in caso di pericolo, aveva invece agganciato la sua? Rees-Jones ha subito, come conseguenza dei traumi dell’incidente, una certo possibile da un punto di vista medico ma davvero provvidenziale perdita della memoria, che non gli ha impedito però di scrivere un intero libro sulla vicenda, in cui sosteneva di non essere stato d’accordo sulle decisioni prese in merito al trasferimento dal Ritz, ma di non essere stato ascoltato.

4) Perché non è stato chiarito di chi era la Fiat uno bianca coinvolta nell’incidente? Due le ipotesi inquietanti…

Il contatto della Mercedes su cui viaggiavano Dodi e Diana con una misteriosa Fiat uno bianca pare ci sia stato, ma prima dell’incidente mortale: delle due Uno bianche di cui è stata trovata traccia, una era di proprietà di un fotogiornalista James Andarson, sospettato di essere un agente dei servizi segreti; nella notte dell’incidente è risultato poi essere a casa con la moglie, lontano dall’Alma. Ma ad aggiungere giallo al giallo, Andarson è stato ritrovato cadavere all’interno di una auto bruciata nel 2000 e la sua morte è stata archiviata come suicidio. L’altro proprietario di Uno bianca rintracciato era il taxista di origine vietnamita Le Van Tanh che, poche ore dopo l’incidente aveva ridipinto di rosso la vettura, danneggiata, pare, nell’impatto con la Mercedes di Dodi e Diana. La sua difesa? Se la tua auto è coinvolta in un incidente, meglio ripararla subito e confondere le acque. Ma ha anche svelato, anni dopo, che la polizia francese gli ha consigliato, ma di fatto impedito, di recarsi in Inghilterra per rispondere alle domande degli inquirenti inglesi.

5) Perché Harry continua a reclamare giustizia per sua madre accusando i paparazzi?

Solo di recente, un anno fa, in un documentario, il principe Harry ha svelato come la morte della madre abbia influito sulla sua vita, ma ha anche lanciato la sua accusa contro i paparazzi: “Ero così arrabbiato per quello che le era successo – e perché non era stata fatta giustizia. Per niente. Le stesse persone che la avevano inseguita nel tunnel la hanno fotografata morente sul sedile posteriore dell’auto”. E ha confessato che il solo clic di una macchina fotografica lo mandava nel panico, fino a che, su consiglio di Meghan, non ha seguito una terapia che, riportandolo ai suoi 12 anni, età che aveva all’epoca dell’incidente, lo ha aiutato a superare il trauma. Nel 2006 tre dei fotografi che inseguivano la Mercedes sono stati condannati a risarcire un euro ciascuno per danni provocati contro terzi per “attentato alla intimità della vita privata”.