La vie en rose (e la buffa storia del pigiama perfetto;-)

A gennaio, prima che il mondo si fermasse a causa di un minuscolo pestifero virus, abbiamo fatto un viaggio fantastico ma iniziato decisamente storto. In volo per Dallas abbiamo rischiato di perdere la coincidenza a Francoforte, e siamo riuscite a salire in aereo solo dopo una corsa di qualche chilometro all’aerostazione, arrivando rosse come pomodori all’ultimo secondo. Ovviamente, mentre noi siamo riuscite a salire, i nostri bagagli sono rimasti a terra e, quindi, sono stati consegnati due giorni dopo (per varie vicissitudini che non sto a raccontare (ma c’entra una cena di matrimonio, dei vicini disponibili ma con il campanello rotto…). In ogni caso, rassicurate dalla Lufthansa che avrebbero coperto la metà delle spese del necessario, e il 100% di biancheria e articoli da toilette, ci siamo precipitate in uno grande magazzino molto economico: se si devono acquistare le cose per un giorno o due non vale la pena di spendere troppo. E lì, da Target, ho incontrato il mio pigiama perfetto. Pantaloni 7/8, ottimi per me che ho gambe cortissime; tessuto super morbido, arietta comunque abbastanza chic. In più, rosa. Poi, a marzo, il mondo ci è caduto addosso: la mia vita è diventata piccola piccola, il mio guardaroba ridotto a due tute e un pigiama. Pigiama che è diventato la mia coperta di linus in un momento di incredibile ansia e preoccupazione; lavato e indossato lavato e indossato incessantemente. Il trattamento non ha fatto un gran bene al capo, che ormai dieci mesi dopo mostra decisamente i segni della usura: ma nel frattempo non sono riuscita a trovare una alternativa che avesse le stesse caratteristiche, nemmeno fra i più costosi (beh, non esageriamo, moderatamente costosi, è pur sempre un pigiama…). Nè si riesce a ordinarlo perché quel grande magazzino non consegna in Italia. Così, ogni sera, mi guardo il mio pigiama perfetto cercando di capire quando mi lascerà anche lui, come mi hanno lasciato i fuseaux usati in quei mesi, le magliette di Decathlon che ho usato ininterrottamente. Che sarà del nostro guardaroba? Lo so, lo so, ci sono domande più importanti da fare, se il vaccino arriverà e quando, se questo schifo di virus deciderà di lasciarci in pace – in fin dei conti tutte le grandi epidemie a un certo punto, peste, colera o spagnola, si sono esaurite. Ma che sarà dell’ansia, della preoccupazione protratta, dell’isolamento, della mancanza dei sorrisi, del contatto umano? Che sarà di noi, e di me, senza nemmeno il mio pigiama perfetto su cui contare?