Zambia – 3 Dopo decine e decine di leoni, giraffe, ippopotami, coccodrilli, spettacolari panorami, chiediamo alla nostra guida se è possibile visitare un villaggio; e se – visto che gli amici che viaggiano con noi sono medici – possiamo vedere un ospedale locale. La prima tappa è al villaggio, dove bambini si affollano attorno al nostro amico, che è un gigante di due metri, affascinati dalle sue apparecchiature elettroniche. Poi ci portano al fiume dove le donne ci mostrano come prendere l’acqua: scavando una pozza, raccogliendo con una pentola prima fango, poi acqua via via più pulita che, davanti a noi, bevono. Io e la mia amica ci guardiamo un po’ perplesse un po’ terrorizzate: se ci chiedono di assaggiarla come facciamo a dire di no senza offendere nessuno? Cn nostro grande sollievo non ce la offrono, ma rimane una grande perplessità, una incredulità di fondo: sarà di sicuro uno show allestito a favore di noi turisti, a casa avranno per certo rubinetto e acqua corrente. Sarà solo un paio di giorno dopo, tornando in aeroporto, all’alba, passando sopra un ponte, che vediamo decine di donne impegnate a raccogliere acqua, nel fiume. Ed è così che scopriamo che non era uno show per turisti. E che l’acqua, che ai miei nipoti dico sempre di non sprecare perché è preziosa, è un privilegio, una benedizione. Intellettualmente lo sappiamo, certo, siamo bombardati di informazioni su questo problema: ma vederlo, fisicamente, con la fatica e il rischio che comporta vi garantisco che è una altra cosa.
la mia africa: le donne, il fiume, l’acqua
a cura di ELENA MORA