La giornata del caffè… e dei ricordi

Ho lasciato la capsula usata  nella macchina della Nespresso – la mia salvezza perché la mattina non capisco niente senza la  mia dose di caffeina  – ed è sceso un liquido molto più chiaro del solito, dal profumo leggero leggero. E subito mi è tornato in mente il caffè della nonna che, proprio come nella canzone dello Zecchino d’oro, si chiamava Peppina (in realtà Giuseppina, ma detta Peppina per distinguerla dalla omonima cognata, che però era chiamata Pinìn). Il caffé del pentolino era la sua specialità ed era una preparazione del tutto particolare. Il caffè allora si comprava sfuso in torrefazione, a chicchi interi: quello macinato era guardato con sospetto e la voce popolare sosteneva che perdesse l’aroma e non fosse possibile conservarlo – voce del resto in parte vera, visto che il caffè si ossida e diventa rancido dopo qualche tempo – quello solubile era di là da venire.

I chicchi erano ridotti in polvere al momento dell’utilizzo con l’apposito macinino a manovella ora diventato soprammobile di antiquariato (il macinino elettrico fu uno dei primi elettrodomestici a diffondersi nelle case; colorato e rumorosissimo, divenne un sintomo del progresso e il più classico dei regali di nozze). La polvere raccolta nel cassettino andava utilizzata subito. Si trovavano in commercio vari tipi di tostatura più o meno forte secondo l’utilizzo per la cuccuma, per la moka ecc..

La nonna prendeva un pentolino vi mescolava la polvere appena macinata e zucchero in dosi che solo lei conosceva, ma in realtà erano adattate alle esigenze, se per noi piccoli, per la colazione del nonno o anche per se stessa: lo riempiva di acqua e lo posava sulla stufa. Giunto al punto di ebollizione lo toglieva dal fuoco, anzi lo spostava nell’angolo più lontano dell’economica lasciandolo riposare a lungo; la polvere si depositava e il caffè poteva essere versato con qualche precauzione per non agitarlo. Quel caffè bevuto in grandi tazze intingendo fette di pane fresco  resta un meraviglioso ricordo d’infanzia. L’eventuale avanzo non era buttato: sempre all’angolo dell’economica si trovava un bricco di ferro smaltato (blu fuori e bianco dentro) in cui si versava il caffè di troppo, che restava così a disposizione in caldo per dopo. Che fosse un’abitudine acquisita durante anni da emigrato negli Stati Uniti del nonno non sappiamo. Certo il bricco era proprio uguale a quelli che poi avremmo visto in tanti film western.