La caccia all’uovo (e perché quest’anno era un po’ triste)

Abbiamo una tradizione di famiglia da quando Sara era piccolina: lei ha iniziato a fare la caccia all’uovo per Pasqua; poi, quando è cresciuta, la ha preparata per il cugino più piccolo, il Pietro; poi il Pietro, cresciuto, la ha preparata per il figlio di amici cari, il Matteo; che, dopo qualche anno di caccia, era molto orgoglioso, dall’alto dei suoi anni, di prepararla per i gemelli. Una  bellissima catena di gioia, e affetti, di passaggi di crescita che purtroppo dall’anno scorso il covid ha interrotto. E mi spiace che non ci siano i cugini a pranzo con noi, a rubarsi le uova mimosa e a gustare  il cioccolato delle uova con  la colomba: ma quello che mi spiace davvero è che si sia bloccato questa specie di passaggio del testimone di un piccolo, gioioso rito; importante per  consolidare affetti, rinsaldare legami, fare crescere, costruire ricordi condivisi. Speriamo davvero che sia l’ultima volta, e che tra poco i gemelli possano a loro volta diventare gli organizzatori della caccia, imparando a gioire della gioia degli altri, impegnandosi per qualcun altro. Anche una cosa così semplice fa crescere, insegna la gioia del condividere.