I bambini, il virus e un cuore spento

Domenica Anna stava spiegando a un amichetto poco più piccolo di lei (ma a lei piace un sacco fare la maestrina) come usare lo stetoscopio di plastica della sua valigetta. Gli mostra come posizionarlo sulle orecchie e come appoggiare il tondino sul petto di un altro bimbo.
“Batte il cuore?”

Gli chiede compunta.

E lui, serissimo, molto preso nel suo ruolo:

“No. E’ spento”.
Tutti abbiamo giocato al dottore da piccoli, e la valigetta del medico è tra i grandi classici fra i regali. Ma certament nessuno di noi è stato esposto, da bambino, a immagini e dichiarazioni di medici in televisione a ogni ora del giorno e della notte, a infinite conversazioni su contagi, malati e morti. E per quanto si cerchi di proteggere i più piccoli da questa realtà è ovvio che sta incidendo profondamente nelle loro vite e nella loro psiche. Fra la A di Anna e Andrea e la M di mamma e la fondamentale N di nonna si insinua la V di virus: inevitabile preoccuparsi, come è inevitabile che la preoccupazione sia, allo stato e al momento, inutile.

Ma poi, improvvisamente, proprio loro, i bambini, portano a un sorriso.