Ho fatto il test… (non con Andrea)

E sono risultata negativa. Sì, ho fatto il test del Covid. Sì, quello con il sangue: ma il prelievo non l’ha fatto Andrea… In realtà si tratta di un test cinese, che i medici possono ordinare online, che si fa con due gocce di sangue. Lo stick è come quelli del test di gravidanza, solo che in aggiunta ha un piccolo ago con cui ci si punge il dito, dopo averlo disinfettato con la salvietta acclusa, e si ottengono, appunto, due gocce di sangue che si lasciano cadere sullo stick, poi si aspetta. Un quarto d’ora e compare una lineetta che dice che il test è in corso; se non compare nient’altro il risultato è negativo, se compaiono altre due lineette il risultato è positivo. Dicono i medici (e ne ha parlato anche il professor Galli in tv) che sia abbastanza accurato, che se positivo ha una attendibilità molto alta (nel qual caso bisogna subito chiedere un tampone) se negativo può essere incerto. Perché lo ho fatto? Perché a gennaio ho perso sei aerei, in mezzo a centinaia di persone; perché ne ho incontrate altre centinaia in quei giorni; perché al ritorno avevo la tosse e non stavo bene, perché la speranza è l’ultima a morire, virus o non virus. Perché sebbene la protezione una volta che lo si ha avuto sia ancora tema di dibattito – d’altra parte anche il vaccino antinfluenzale dura solo un anno, come la copertura – l’idea di averlo avuto, ed essere in qualche modo immune, mi faceva sentire più sicura nel momento in cui, magari, prendere un mezzo pubblico a Milano. Ma anche più sicura solo ad andare nel negozietto in paese a fare la spesa. Comunque un buon segno – e mi scuso con chi è malato, e rischia – il fatto che essere positivo passi da rischio grave a fattore di protezione. Con un grande grazie ai medici e agli infermieri – e alle dottoresse e alle infermiere – che stanno affrontando questa terribile prova. Sperando che un mattino, davvero, ci si svegli scoprendo che il virus è indebolito o che si sono rafforzate le speranze di avere, al più presto, un vaccino.