giorno quattro: parola d’ordine, resistere!

Quello che sto per scrivere non è politicamente corretto, e mi farà sembrare di sicuro radical chic. MA. La tata è stata a cena con una persona che ha la febbre, e la donna che di solito mi aiuta lavora con la figlia di uno morto di covid19. Tutte e due per prime hanno chiesto di non venire, per precauzione, e siamo più che d’accordo. Però… i ragazzi lavorano da casa – smart work si chiama, per fare più scena. Attaccati al compite tutto il giorno, concentrati, certamente non possono essere disturbati da due gemelli di tre anni e mezzo, sia pure bravissimi. Il nonno, che è un imprenditore, deve cercare di sbrogliare da qui la matassa che gira a Milano, imbrogliata come non mai tra scadenze che comunque scadono, consegne che non avvengono, dipendenti che non si sa se tenere al lavoro o lasciare a casa. Smart work, congedo o ferie dice il governo: ma la gente non è certo felice di fumarsi il mese di ferie che, giustamente, vorrebbe usare con la famiglia quest’estate. La nonna – cioè io – sembra una cenerentolina di lusso: lava, stira, cucina, riordina (non siamo riusciti a insegnare a mettere a posto i giochi, ok colpa nostra) e fa da nonna sitter. Siamo al lago, abbiamo un giardino c’è il sole e stiamo tutti bene: ben più di un motivo per essere più che contenti, felici. Questa mattina Stefano è andato a fare una super spesa al supermercato – ok, non si fa, non servirà, è da paranoici, ma intanto voi date pranzo e cena a 6 persone senza gli ingredienti se siete capaci…Una cosa è certa: quando tutto questo sarà finito avremo imparato ad apprezzare molto di più la nostra vita da viziati e coccolati che abbiamo vissuto sin qui. Intanto, qui e ora, godiamoci la compagnia delle persone a cui vogliamo bene e il fatto di vederle sane. A domani!