E se provassimo a lavorare come in vacanza?

Negli ultimi quindici mesi le nostre vite sono state rivoluzionate, non solo ma anchedal punto di vista lavorativo: le aziende interessate allo smart working, quelle che davano ai dipendenti la possibilità di lavorare da casa, sono passate dal 28,7% del 2019 all’82,3% del 2020 (dati Bankitalia). Ma tutti ritengono che per almeno 6 dipendenti su 10 rimarrà la possibilità di lavorare da remoto, lontano dall’ufficio. Già: ma se possiamo lavorare da casa, allora perché non possiamo farlo ovunque, davanti al mare o in campagna, in un luogo dove magari abbiamo sempre sognatovivere? In meno di due anni il lavoro, le modalità, gli strumenti, sono cambiati più velocemente che negli ultimi dieci, in maniera spesso inaspettata. La tecnologia ha avuto una brusca accelerata, impensabile fino a pochi mesi fa, destinata a cambiare e semplificare molte cose: un eclatante esempio per tutti, il video della Vacinada, la hit assoluta online ideata da Checco Zalone e interpretata con lui dal premio Oscar Helen Mirren è stato girato con dei normalissimi cellulari. Se si dice che ogni crisi apre delle possibilità, tanto è più vero in una crisi drammatica e mondiale come quella sanitaria da cui stiamo, o almeno speriamo di stare, uscendo. Per molti si prospetta la possibilità reale di rivedere al propria vita, di cambiare orizzonti e prospettive. Pioniere di questo genere di rivoluzione totale è Alberto Mattei, fondatore dieci anni fa di Nomadi digitali, una associazione e un sito, www.nomadidigitali.it, che è una miniera di informazioni per chi vuole provare a cogliere l’occasione per cambiare scenario e vita. Possibilità che non è più solo alla portata di giovani, single e avventurosi ma che, almeno in parte, ci riguarda tutti.“E’ un fenomeno che è esploso per due fattori”, spiega Alberto Mattei. Da una parte la pandemia ha sconvolto i piani di tutti, in tutto il mondo; dall’altra durante il lockdown ciascuno di noi si è posto delle domande: quali erano le nostre priorità, se la vita che stavamo facendo era quella che volevamo davvero fare o se volevamo cambiare. Abbiamo sempre adattato il nostro stile di vita al lavoro, ora si può pensare di adattare il lavoro allo stile di vita”.

Catapultati nel futuro

Certo, è facile immaginare di poter lavorare davanti al mare, oppure in mezzo al verde: ma che cosa serve davvero per cambiare vita? Per diventare un po’ tutti nomadi digitali? “Prima ancora che la attrezzatura e le competenze, dice Mattei, serve consapevolezza. Un mito da sfatare è che lo possa fare solo chi è molto esperto di informatica: in realtà non serve fare un lavoro legato alla tecnologia, sono tanti i lavori che si possono fare da remoto, comprese professioni tradizionali, consulenze, avvocati, commercialisti. In più, la maggior parte di noi fra dieci anni farà lavori che non possiamo nemmeno immaginare. Siamo tutti un po’ innovatori, stiamo sperimentando un cambiamento e lo abbiamo affrontato nelle condizioni peggiori, totalmente impreparati”.

Più libertà, meno tasse

Ma che cosa serve operativamente, e quali sono i posti migliori dove andare? “Quello che serve da un punto di vista tecnologico, continua Mattei, sono poche cose: una connessione internet affidabile, un computer portatile e un telefono. Adesso fortunatamente tanti Paesi stanno rilasciando visti a lungo termine per chi voglia trasferirsi lì, cercando di attrarre questa nuova figura del cittadino temporaneo. La Grecia, per esempio, offre la detassazione del 50% a chi si ferma per due anni, la Croazia propone un visto di un anno senza tasse. Molti Paesi hanno capito che attrarre persone diventa una opportunità perché molto spesso, in questo modo, si attraggono persone con competenze importanti; stanno nascendo anche assicurazioni specifiche per i nomadi, diverse rispetto a quelle del turista. E’ stato calcolato che nel 2035 i nomadi digitali nel mondo saranno un miliardo, quindi una massa decisamente importante di persone”. Per scegliere la destinazione ci sono siti come nomadlist.com che elenca tutta una serie di informazioni interessanti sui vari Paesi, dal costo per viverci alla sicurezza, se sono gay friendly, razzisti.

Fra costi e rischi

I costi? Secondo nomadlist.com servono almeno 2.500 euro al mese per vivere e lavorare a Berlino, ma ne bastano 1.200 al mese per trasferirsi a Playa del Carmen, 1.700 per Lisbona; meno ancora per Città del Capo, dove, però, un segnale rosso indica grossi problemi di sicurezza; Milano è decisamente consigliata per la qualità della rete, delle persone, ma viene ritenuta molto costosa: servono almeno 3.500 euro al mese per viverci e lavorare. “Anche senza sognare mete così lontane, il nostro Paese è meraviglioso, sottolinea Mattei, e la possibilità del lavoro da remoto potrebbe contribuire a ripopolare i borghi bellissimi, in cui la qualità della vita e dell’aria, delle relazioni fra le persone sono ottimali, in cui vengono annullati i tempi morti per gli spostamenti”.

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LUNGA VITA AL CELLULARE

Lo strumento fondamentale e indispensabile per la vita da nomadi digitali – ma anche ormai nella nostra quotidiana – è il cellulare, strumento che fra smart working e DAD è diventato di uso continuo e comune. Interessanti i dati dei sondaggi di Wiko, brand franco-cinese di smartphone, che smentiscono anche alcuni stereotipi di genere.

*L’81% delle donne che hanno risposto al sondaggio ha dichiarato di sapere utilizzare con facilità i dispositivi tecnologici, smartphone incluso; accede a social e manda messaggi vocali sulle piattaforme di messaggistica istantanea, oltre a telefonare quotidianamente (71%). Solo il 19% si affida ad amici/familiari più esperti per risolvere i problemi.

* L’82% del campione vive come peggior incubo l’eventualità che lo smartphone si spenga, l’autonomia è infatti determinante nella scelta del telefono per l’85% degli intervistati.

*Tra gli utilizzi che consumano più carica del cellulare vi è l’utilizzo dell’hotspot del telefono per connettere il PC quando si è in assenza di reti Wi-Fi nei paraggi (49%).