Dell’aglio, del nonno e della mia ricetta preferita

Il nonno detestava l’aglio: se quest’avversione originò sulla nave da emigrante verso le Americhe, su cui era partito, a 16 anni, nel 1905, per sfuggire a una morte certa per fame che minacciava lui e i suoi undici fratelli, o nelle baracche dei lavoratori delle miniere dove si era guadagnato da vivere i primi mesi in Minnesota, in Arizona poi, resta un mistero. Fatto sta che al suo ritorno in Italia, quando da benestante degli anni venti, con tanto di grande casa, auto e carrozza, sposò la più bella del paese, pose una sola regola alla giovane e apparentemente mansueta sposa: bandire l’aglio, proibendone non solo l’uso in cucina ma persino la coltivazione nell’orto. Cosa bizzarra davvero all’epoca, perché l’aglio era allora considerato indispensabile, e non solo come aromatizzante nei cibi. Già la sua semina serviva a tener lontani numerosi parassiti dalle altre verdure e dalle rose. Inalare l’aroma di spicchi d’aglio leggermente schiacciati era considerato da tutti il rimedio sovrano contro l’ossiuriasi, i cosiddetti “vermi” cui quasi tutti i bambini della nostra generazione apparentemente erano soggetti; come oggi al primo capriccio viene diagnosticata una qualche sindrome di iperattività, allora bastava che un bimbo fosse un po’ agitato o nervoso e la certa anche se molto empirica diagnosi era: “ha i vermi”. Di conseguenza, la terapia, quasi si trattasse di minuscoli ma pericolosi vampiri, era l’applicazione dell’aglio in ogni sua possibile prescrizione. L’odore dell’aglio – che fosse stato strofinato sulla pelle, infilato in ogni genere di cibo che non fosse la merenda e persino a volte appeso a un filo al collo, quasi come un magico amuleto – era inscindibile da quello delle aule dell’asilo degli anni cinquanta e, come le madeleine di Proust, accende ricordi in chiunque fosse bambino negli anni del boom economico. Ma il “miracoloso” aglio era usato anche per problemi intestinali di vario genere, dalla diarrea alla flatulenza, mentre un decotto di aglio assunto per più giorni serviva persino – pare – a placare gli attacchi di appendicite. Si usava la polpa pestata di questo bulbo spalmata sulla pelle per curare calli e duroni, punture d’insetti e piccole abrasioni. Pare addirittura che si usasse strofinarlo in testa per prevenire la precoce perdita di capelli; ma su quest’ultimo utilizzo (come di quello analogo di un intruglio di cipolla) meglio sorvolare, se non altro per buon gusto.

Quasi tutte le conserve alimentari sott’olio preparate in casa prevedevano l’aglio come ingrediente, così come anche molte insalate.

E due ricette regine della cucina piemontese lo richiedono in abbondanza: prima di tutte la bagna cauda – piatto regionale per antonomasia, che serviva anche, secondo lo zio Rico, per praticare un sentiero nella neve alta senza usare la pala; infatti, dopo una cena a base della suddetta pietanza, accompagnata dalle abbondanti libagioni che richiede, basta alitare sulla neve per scioglierla. Seguita dal bagnetto o salsa verde, indispensabile accompagnamento del bollito, perfetta con le uova sode, tanto squisita quanto… indigeribile proprio anche grazie all’aromatico aglio che ne è un ingrediente irrinunciabile.

Ufficialmente il divieto a casa dei nonni rimase, anche se sospettiamo che la nonna riuscisse in qualche modo a contrabbandarlo con il savoir faire che la contraddistingueva.

Per me un pomodoro caldo di orto, un bel trito d’aglio e basilico con l’olio buono è una delle cose più squisite che io possa mangiare – e non c’è milionario che abbia il potere di gustare qualcosa di più migliore. Infine, ecco la mia ricettina veloce e squisita per gli spaghettini aglio e basilico: si cuociono gli spaghetti al dente, si scalda in una pentola grande dell’ottima passata di pomodoro, aggiungendo un pizzico di zucchero per togliere l’acido. Intanto, si scalda in un pentolino un trito abbondante di aglio e basilico molto freschi: si scola la pasta, si mescola al sugo e vi si butta sopra il trito bello caldo che sfrigola. Si serve immediatamente e… tanto immediatamente scompare! Mi viene l’acquolina in bocca al solo pensiero: provate per credere!