Io, cleopatra, conquistatrice di conquistatori

 

Un naso. Sono passata alla storia per un naso, il mio. E non perché fosse bellissimo o perfetto, anzi. Con tutto quello che sono stata, con tutti gli uomini che ho amato, quelli che ho ucciso, le avventure che ho vissuto, le guerre che ho vinto, quelle che ho perso, gli inganni che ho ordito (beh, sull’ultimo ammetto di avere un po’ esagerato) essere ricordata per un singolo dettaglio del mio viso è una vera e propria beffa.

 

Credete davvero di conoscermi? Gli artisti, quelli sì, mi hanno capita, lungo i secoli dei secoli. Amen.

Shakespeare ha cantato il mio fascino, Handel ha musicato una opera su di e ma chi può vantare un super kolossal come quello interpretato da Elizabeth Taylor e Richard Burton? I pittori che mi hanno ritratta, specie nel mio gran finale, non si possono nemmeno contare. Ma gli storici? La Storia, scritta dagli uomini, dai potenti e vincenti, mi ha trattata come un personaggetto da soap opera, anzi, da telenovela in costume, ancorché sontuoso.

Certo io, a confondere le acque, ci ho messo del mio. Con astuzia, arguzia e quella intelligenza che, però, non viene mai citata come una delle mie caratteristiche. Solo sempre quel naso e quella vipera. Che poi non era nemmeno una vipera. Dopo una vita come la mia avevo deciso di passare alla Storia, quella con la maiuscola, inventandomi una storia, per quanto minuscola, capace di scatenare la fantasia: un suicidio altamente scenografico, realizzato facendomi mordere il candido, celebrato seno da un serpente. Roba da ispirare i più artisti fino alla fine dei tempi, una immagine che, per certo, avrebbe sbancato su instagram! Peccato però che la faccenda dell’aspide, ricordata da tutti, è solo una mia clamorosa bufala, una meravigliosa fake news pre internet, creata ad arte da, permettetemi di vantarmi, una fantastica comunicatrice. Chiara Ferragni, nasconditi! Perché quello con cui alla fine io, la regina d’Egitto, mi diedi la morte fu un mix di cicuta, aconito e oppio: cocktail testato, come altri veleni, su prigionieri non esattamente consenzienti. Volevo morire, certo, per evitare di finire malissimo una vita gloriosa, ma non sfigurata dal dolore o dagli spasimi. Mi riuscì, a quanto pare. Ma la Storia si prese la sua parziale vendetta: mi consegnò ai posteri immortalata nel gossip di quel gesto, trascurando la grande sovrana che ero stata, e mostrando così di non saper guardare oltre il mio celebrato, anche se pronunciato, nasino…

 

 

Ecco, appunto cerchiamo di rimettere le cose a posto. Cominciando dall’inizio.

Da questa strampalata famiglia in cui sono stata catapultata per caso, per un amore finito male (per mia madre decisamente malissimo) e in cui non avrei dovuto avere nessun ruolo di qualche interesse, posizionata in un angolo morto della linea di successione al trono.

 

 

Mio padre, Tolomeo XII – marito e padre esemplare (?)

Un po’ di storia: siamo alla metà del primo secolo avanti cristo (niente date, tanto ce le dimentichiamo subito). Fui l’ultima regina d’Egitto e la settima a portare quel nome, che significa Gloria del padre. Molto meno famosa la mia sorella minore, Cleopatra VI, morta avvelenata poco dopo essere stata nominata co-reggente da nostro padre, il faraone Tolomeo XII. Il nostro regno d’Egitto era un posticino in cui i Borgia sarebbero stati considerati dei giocherelloni, innocui boy-scout. Io ero la figlia di una concubina di cui il caro papà si sarebbe sbarazzato, avvelenandola (buon sangue non mente!), tre anni dopo la mia nascita. L’altra legittima erede al trono, mia sorella Berenice, venne giustiziata perché aveva tentato di anticipare i tempi, cercando di spodestare papino. Insomma, Tolomeo numero dodici non era esattamente un genitore, né un marito modello.

 

E in mezzo a questi deliri di onnipotenza io che cosa ho fatto? Ho studiato, studiato, studiato. L’arma più potente che una donna può avere, allora come ora, è la cultura. Conoscere le lingue, e i linguaggi più diversi, è quello che mi ha aiutato più di tutto nella vita. Sono riuscita a sopravvivere, ma non solo: anche a vivere alla grande, malgrado tutto e tutti.

 

IL MIO PRIMO MARITO: TOLOMEO TREDICI, DIECI ANNI (non dieci anni di meno o di più, proprio solo dieci)

Curiosamente, ero l’unica della famiglia a parlare egiziano, insieme a una dozzina di altre lingue e dialetti: senza troppo vantarmi, ma ero una fine intellettuale, abile stratega, donna affascinante. Alla morte di papà (Tolomeo dodici, attente a non perdere il conto)  salgo al trono appena diciottenne: ma poiché una donna da sola non può regnare, malgrado tutte le qualità di cui sopra, mi trovo costretta a sposare, come da tradizione egiziana millenaria, mio fratello di dieci anni, Tolomeo. In famiglia, abbiamo molta più fantasia con i veleni che con i nomi. I sostenitori del tredicesimo Tolomeo, però, mi esiliano. Così cerco la protezione del potente Cesare, appena arrivato da Roma. Non potendo incontrare ufficialmente al condottiero, che si è installato ad Alessandria, da cui sono stata cacciata, uso lo stratagemma che mi ha resa famosa: presentarmi nascosta dentro un tappeto stretto attorno al corpo, velata da abiti succinti e ornato di gioielli favolosi. Il potente romano aveva già superato la soglia dei 50 anni, io 21 da poco compiuti . Il nostro primo incontro è di quelli indimenticabli. Il servo srotola il tappeto  e ne esco, a sorpresa, seminuda, scintillante e bellissima: è una imagine che resta indelebile nella fantasia maschile di tutti i tempi. Cesare ne è folgorato.

IL MIO SECONDO MARITO: TOLOMEO XIV, DODICI ANNI

Ma a fulminare Cesare, cronicamente pieno di debiti, oltre al mio fascino e all’evidente spirito di iniziativa , è anche il fatto che io, in quel momento, sono la donna più ricca del mondo conosciuto. In più, il condottiero non aveva particolarmente apprezzato che mio marito Tolomeo (il tredicesimo) avesse fatto uccidere il suo rivale Pompeo che, sebbene suo nemico, era pur sempre un romano e da romani avrebbe dovuto essere eliminato (logiche maschili). Il giovane faraone, che sperava di fare buona impressione consegnandogli la testa del rivale, ottiene il risultato opposto. Così dopo il nostro rocambolesco incontro, Cesare decide di appoggiarmi, probabilmente credendomi malleabile donnetta. Sconfigge Tolomeo, e il numero tredici, che evidentemente non gli porta fortuna, opportunamente si leva di torno annegando nel Nilo durante la fuga. Il conquistatore romano, però, non perde tempo ad adeguarsi ai costumi locali e malgrado nel frattempo siamo diventati amanti, mette al mio fianco  un altro fratello, il dodicenne Tolomeo (il quattordicesimo della serie: sulla fantasia per i nomi abbiamo già detto). Poi, dopo avermi messa incinta, se ne torna a Roma. Un destino, quello dell’abbandono in pieno pancione, a cui non sfuggono evidentemente nemmeno le ricchissime e intelligentissime regine.

 

 

IL MIO GRANDE AMORE: GIULIO CESARE

Dopo un certo numero di trionfi in guerra, Cesare mi chiede finalmente di raggiungerlo a Roma insieme al figlio nato nel frattempo, Cesarione: gasato dalle vittorie, si fa nominare dittatore. Il senato romano non apprezza e il dittatore che vuole farsi adorare come un dio – la colpa di tutto, ovviamente, viene attribuita a me – è assassinato dai suoi. D’un tratto sono una madre single, nemmeno vedova, in un paese straniero e ostile; ho perso il mio protettore, ma non mi perde d’animo né perdo tempo! In fretta e furia faccio ritorno in Egitto, dove la mia prima mossa è far avvelenare il fastidioso fratello-marito, Tolomeo quattordicesimo: come co-reggente nomino il figlio Cesarione battezzandolo Tolomeo (il quindicesimo). E una donna normale, visti i precendenti, di matrimoni ne avrebbe avute piene le tasche. Io no.

IL MIO TERZO MARITO: MARCO ANTONIO

Anche il nuovo condottiero romano, Marco Antonio, un fedelissimo di Cesare che ha appena sconfitto i suoi nemici, ha bisogno del sostegno finanziario della ricchissima regina, cioè io. Manco a dirlo, anche l’incontro fra noi due è folgorante: conquistatore conquistato, Marco Antonio rinuncia a invadere la Persia e viene a vivere con me ad Alessandria. Il primo piccolo cadeau che chiedo al nuovo compagno è di far uccidere a Roma la mia sorellastra Arsinoe, che era stata condotta in Italia da Cesare come bottino di guerra. Visto come andavano le cose in famiglia,  meglio prevenire. Come ringraziamento gli scodello due gemelli, Alessandro Elios e Cleopatra Selene. I calciatori e le dive che chiamano i figli Sole e Luna, come vedete, non hanno inventato nulla. Accecato dall’amore, Marco Antonio mi sposa  malgrado a Roma avesse già una moglie, Ottavia, sorella del potente Ottaviano. Come dono di nozze mi intesta dei territori della Giudea, regno di Erode (il nome vi ricorda qualcosa?), sovrano con cui io avevo avuto già dei trascorsi: avevo cercato di sedurlo ma, questa volta, senza riuscirci. Nel frattempo ci nasce un altro figlio, Tolomeo Filadelfo (se avete perso il conto dei Tolomei, beh, anch’io). Forte di una vittoria sui Parsi, Marco Antonio decide di donare l’Armenia ai due figli maschi, Alessandro Elios e Tolomeo, e Cipro alla figlia Cleopatra Selene. A Roma non la prendono un gran ché bene. Ma va decisamente peggio quando al senato viene mostrato il testamento di Marco Antonio, che prova che lui lascerebbe una parte dell’impero romano a me, Cleopatra. Ottaviano dichiara guerra a Marco Antonio e lo sconfigge. Il mio tanto potente coniuge si è rivelato un perdente. Quindi, non mi serve più. Come liberarmene? Ottaviano mi fa sapere che, se riesce a eliminare Marco Antonio, beh, se ne può parlare. Ucciderlo, però, non è semplice, non è mica un Tolomeo qualsiasi. Così elaboro un piano quasi perfetto: faccio sapere a Marco Antonio che mi sono suicidata. La speranza è che lui, sapendomi morta, si uccida. Cosa che Marco Antonio fa: o perlomeno, tenta di fare, buttandosi sulla sua spada. Ma è solo ferito, sia pure in modo grave, e il suo ultimo desiderio prima di morire è di vedere il cadavere della sua amata sposa che, sorpresa!, è perfettamente in salute. Ma io per una volta, ho capito troppo tardi la dura realtà: per Ottaviano sarei solo un bottino di guerra che, con i suoi figli, darebbe un tocco etnico e colorato al suo trionfo a Roma. Così, dopo aver cercato di coprire la fuga di Cesarione (che viene comunque fatto uccidere da Ottaviano), mi suicido con il veleno.

Osannata come dea a 14 anni, incoronata regina a 18, sovrana d’Egitto per oltre un ventennio e, per qualche tempo, la donna più potente del mondo conosciuto; madre single di un figlio avuto da un uomo sposato, e di tre nati da un grande amore con un bigamo, Cleopatra esce di scena a 39 anni. Ma entra nell’immaginario collettivo, nelle opere di Shakespeare, in infiniti film e fiction.

Forse il destino che avrebbe amato di più.

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Nota curiosa: quando torna a Roma, Ottaviano ha il titolo di Cesare Augusto e, in suo onore, il sesto mese del calendario romano (che iniziava con marzo, in onore del Dio Marte) viene chiamato Augustus. Ma poiché il mese precedentemente dedicato a Giulio Cesare, Julius, luglio, aveva 31 giorni, Ottaviano ottiene che ne abbia 31 anche quello che porta il suo nome. E poi ero lei, Cleopatra l’egocentrica, vero?