Campana, un gioco antico e modernissimo

Due bambini, qualche pioda per terra, un gessetto colorato: ed ecco che si riscopre un gioco antico ma che oggi verrebbe visto come un utile esercizio di equilibrio, coordinazione, collaborazione. Con i gemelli lo abbiamo provato e con mio fratello Alberto (lui ricorda tutto, io niente) ne abbiamo ricostruite logiche e regole.

Era un gioco di abilità chiamato anche come “la settimana” o “domenica, molto semplice e apprezzato da maschi e femmine.

Per divertirsi bastava un tratto di terra o ghiaia fine approssimativamente spianato, a volte anche l’asfalto o il cemento ma, in questo caso, occorreva almeno un pezzetto di gesso o un coccio di mattone o di tegola: allora si trovavano, oggi scomparsi.

Con un bastoncino o il gesso si tracciava il campo di gioco disegnando sei riquadri affiancati due a due con un abside semicircolare ad una estremità. Le dimensioni erano approssimativamente di un metro di lato, in base anche alle dimensioni di partecipanti (si lasciava sempre una chance anche ai più piccoli). I riquadri prendevano il nome lunedì, martedì, mercoledì venerdì sabato e domenica; l’abside prendeva il nome di giovedì.

Ciascuno si armava di un sasso colorato: si sorteggiava l’ordine di partenza e …via!.

Il primo giro, facilissimo, quasi di ricognizione, consisteva nel lanciare il sasso nel primo riquadro (il lunedì), avanzare, raccoglierlo e completare il percorso camminando per tutti i “giorni” rimanenti; successivamente il sasso veniva lanciato su martedì procedendo poi nel medesimo modo e così via fino a completare la settimana. Regola assoluta ed inderogabile: il sasso doveva cadere all’interno del riquadro/giorno designato e il concorrente non doveva calpestare le linee di confine né uscire dal percorso. Al secondo turno il concorrente, lanciato il sasso su lunedì entrava nel percorso guardando in alto pronunciando la parola “AM” al ché gli altri partecipanti rispondevano in coro “SALAM!” se tutto era regolare, “MORTADELLA!” se veniva calpestato un confine o si usciva dal percorso. Il concorrente raccoglieva il sasso e proseguiva nello stesso modo per tutto il resto del percorso, salvo il giovedì che veniva considerato un giorno franco – non so se sia un caso ma a quei tempi il giovedì era un giorno di vacanza per gli scolari delle elementari – ed il concorrente poteva riorientarsi e fare pausa. Se veniva calpestata una riga, o il sasso non finiva correttamente nel riquadro designato, il concorrente perdeva il turno e ricominciava dal lunedì.

Al turno successivo si procedeva allo stesso modo ma aumentando la difficoltà: camminando di fianco a mo’ di gambero, poi all’indietro, saltando su una gamba sola, saltando a due a due le case avvitandosi su se stessi e procedendo di turno in turno si inventavano modi sempre più difficili per completare il giro.

Si giocava in gruppo, lasciando partecipare anche i più piccoli, a cui sovente si perdonava qualche errore, tanto la gara vera era tra i quattro o cinque più grandicelli. Se ben eseguito poteva intrattenere per ore cinque o sei ragazzi più qualche bimbo; le contestazioni (frequenti) facevano parte del gioco.