Bebe Vio, a Barbie Girl!

Mamma, guarda! “I’m a Barbie girl…” così, sulle note della famosa canzone degli Abba, Bebe Vio ha commentato le foto che la ritraggono con la bambola che la rappresenta. Che personaggio! Quando la Mattel mi ha chiesto di presentarla e intervistarla durante la presentazione della bambola a lei dedicata – una edizione speciale, in vendita c’è quella con la carrozzina – per me è stato un privilegio e una emozione. Ma anche un incontro incredibile! Ironica, intelligente, divertente, irrefrenabile: bastano pochi secondi per dimenticare del tutto che la ventiduenne piena di vita ed energia che abbiamo davanti ha perso braccia, mani e gambe per le conseguenze di una meningite quando aveva undici anni. Accanto a lei la Barbie che la ritrae in divisa, la stessa che indossa, ma anche gli altri abiti a misura di Barbie, compreso un luccicante abito da sera indossato a Venezia. Perché oltre alla pedana da campionessa di scherma quale è, Bebe frequenta anche passerelle importanti e attraversa la vita di gran carriera. Sorridendo, sempre, e cercando sempre di divertisti il più possibile.
Tutti ricordano le tue medaglie, ma anche il tuo selfie con Obama, quando gli uomini della sicurezza della Casa Bianca ti hanno detto “è impossibile” e tu hai risposto “Io non conosco il significato di questa parola”…
“Sì, beh, in realtà è stata una scommessa. Quando ho saputo che ero stata invitata da Obama avevo fatto una scommessa con le mie amiche che mi avevano chiesto due cose: una, devi rubare un posacenere di cristallo della Casa Bianca…”
E tu l’hai fatto?
“No perché non si può fumare quindi non c’erano i posacenere… e poi la seconda era fare il selfie con Obama. La cosa bella è che io ero là per rappresentare lo sport italiano. Eravamo una delegazione che rappresentava gli ambiti in cui l’Italia è forte: c’era Giorgio Armani per la moda, Sorrentino e Benigni per il cinema, c’era Cantone, il supercombattente antimafia e la sindaca di Lampedusa per l’accoglienza. E una curatrice del Moma il museo d’arte moderna di New York, tanta roba! che è una italiana, come rappresentante degli italiani di successo nel mondo. E per lo sport non c’era Totti: hanno scelto me che per me è stata una cosa sconvolgente!”
Tu dici che quasi preferisci giocare con la carrozzina perché se non sei disabile quando le cose si mettono male, puoi indietreggiare qui no, qui devi solo andare avanti…
“In realtà si ha pochissimo movimento, si è molto vicini all’avversario e quando sei lì non ha tempo di aver paura non puoi scappare, dove vai? Sei legato alla carrozzina! Quindi la cosa veramente bella è che non puoi aver paura perché se hai paura perdi. E nessuno vuole perdere”.
Amo talmente un tuo motto che vorrei tatuarmelo su un braccio…
“No, non farlo!”
Perché? sei contro i tatuaggi?
“No, ma la mia mamma è contro i tatuaggi e di conseguenza anche io!”
Allora non lo farò. Il tuo motto è che lamentarsi fa solo perdere un sacco di tempo
“Vero. Abbiamo talmente poco tempo per fare le cose che non puoi perdere tempo a lamentarti. L’ho sempre pensato”.
Il destino gioca scherzi curiosi: tu hai iniziato a tirare di scherma perché hai sbagliato porta in palestra…
“Avevo cinque anni e avevo una lezione di pallavolo ma non mi piaceva. Mi scuso con chi gioca a pallavolo, ma a me questo palleggiare contro li muro tutto il tempo non piaceva. Mia mamma mi aspettava fuori in macchina io mi stavo annoiando e siccome io credo che se ti piace una cosa devi farla se non ti piace nessuno ti obbliga a farla sono uscita. Lo sport è bello solo se ti diverti. Se domani andassi palestra e mi annoiassi, magari riprovo pallavolo e vado a fare quello… Insomma,io stavo scappando per cercare mi mamma e invece di andare a destra verso la porta dell’uscita sono andata a sinistra e sono entrata dove facevano scherma. E c’erano tutti questi Zorri bianchi, questi rumori strani, il puzzo della scherma che è un puzzo particolare, che però è buonissimo, mi sono innamorata e mi sono messa a guardare queste bambine. Poco dopo è arrivato questo maestro grande e grosso che mi ha detto “è il tuo turno, vieni a provare” e io ho detto “va bene”. Mi ha dato questa maschera che mi teneva mezzo busto, era quasi più alta di me. Il problema è che mentre io ero lì è finita la lezione di pallavolo e mia mamma non mi riusciva a trovare, c’è stata una tragedia, tutit a cercare la bambina che si è persa… mia mamma mi ha sempre chiamato rompina strozzabile
La tua associazione Art4sport, una Onlus che aiuta i bambini amputati, incoraggiandoli a uscire di casa, a integrarsi nella società attraverso lo sport, aiutandoli per le protesi, ha festeggiato i dieci anni di attività: quale è la cosa che ti ha reso più felice di questo impegno?
“Abbiamo 25 bambini beh, bambini… il più grande ha trent’anni, il piccolo ne ha tre: è senza una gamba, è carinissimo e fa danni! Ogni tanto corre, perde la gamba e torna indietro a riprenderla. Siamo un gruppo pazzesco; lo sport è importantissimo, aiuta a rinascere, a capire lo spirito di squadra, il rispetto delle regole e il rispetto dei ruoli: perché in ogni caso l’allenatore è in alto (fa il gesto con la mano in alto) e tu sei lì in basso (abbassa la mano verso il pavimento). E poi c’è tua madre che è in altissimo, sopra anche all’allenatore… (ride). Lo sport fa bene fisicamente e psicologicamente; e poi c’è la famiglia, dietro un grande sportivo c’è sempre una grande famiglia. Il bello è vedere questi bambini che non si preoccupano di non avere una gamba o un braccio, vanno e fanno uno sport, quello che vogliono, che piace loro, basket, atletica, sci; Chitra, la bambina che è con me nello spot Barbie è una sciatrice bravissima anche senza una gamba. Il bello è che loro, i bambini, non si fanno nessun problema, magari vengono lì e ti dicono: dammi sto pezzo che devo andare e tu gli dai una gamba o un braccio… ti dicono dammi una mano…”
Dammi una mano nel senso letterale…
“Infatti. Ma i problemi sono spesso sono nella mente dei genitori. Ora si parla tanto del dream gap, del fatto che le bambine smettono di sognare a cinque anni. Ma non è così non è che le bambine smettono di sognare a cinque anni, è che viene loro detto che devono fare questo o quello, che devono studiare in base al lavoro che dovranno fare un giorno. Sono felice che abbiano fatto diverse versioni della mia Barbie, con abiti diversi, perché io non è che voglio fare l’atleta tutta la vita: ho comunque 22 anni vado fuori, vaido a feste! Io sono una atleta, vinco, ma non voglio essere solo quello nella vita. Io sto studiando, voglio avere un futuro! Nello sport purtroppo molti mollano gli studi. La mia idea è che se vuoi fare una cosa, beh, vai fuori e falla, nessuno può farlo per te! Tira fuori le… beh, quello che hai e cerca chi ti può aiutare, un allenatore, una squadra”.
Tu parli delle tue S sport, scuola, scherma, spritz…
“Ecco che cosa dovevano fare, la Barbie con lo spritz in mano!” ride.
La tua quarta esse è successo: non c’è un momento in cui ti pesa questo succeso, essere tanto famosa?
“In realtà si. Magari sono al ristorante che mangio, ho il boccone in bocca e arriva quello che ti chiede di fare una foto… ma non lo vede che se sorrido mi esce l’insalata dall’orecchio? Oppure quello che ti sveglia in aereo per farti una foto: fammela mentre dormo, no?! Ma alla fine quando arrivano le bambine o i bambini e ti chiedono che sport fai, o magari arriva qualcuno che ti dice “io ero in un momento in cui non mi andava bene niente e ti ho visto e grazie a te ho capito che devo sorridere di più… è bellissimo. Ma non è il grazie a te che mi piace, ma che le persone sono felici. La reazione che mi piace è quando quelle persone, che magari hanno visto una mia gara, dopo si muovono dal divano e vanno a correre. Questa è la reazione che voglio! Datti degli obiettivi, cerca di essere felice! E sorridere”.
Tu parli molto della famiglia, di come ti ha sostenuto. Qui c’è tua mamma. C’è una cosa che vorresti dirle e che non le hai ancora detto…
“No, no, io le dico tutto… (ride). Tanto lo sa. (Fa una pausa e si fa solo per un attimo seria) Che è una brava mamma!”.