Basta un conto (corrente) per contare? Perdonatemi il gioco di parole ripetuto e un po’ scontato, ma essere intestatarie di un conto corrente è un modo di gestire non solo le proprie finanze ma anche la propria autonomia economica. Ed è davvero curioso che moltissime donne, in Italia ben il 37%, non dispongono di un loro conto in banca, ne hanno uno in comune con il marito o si appoggiano al suo. Anche professioniste da cui non ce lo si aspetterebbe, con un loro lavoro, magari ben retribuito. E persino chi anche un conto corrente ha come timore a gestirlo, facendosi spesso aiutare dal compagno. “Nel nostro Paese la strada da compiere per l’autonomia delle donne nella gestione del denaro è ancora lunga” spiega Elena Beccalli, Preside Facoltà di Scienze bancarie finanziarie e assicurative della Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. “Le indagini mostrano che oltre un terzo delle donne non dispone di un conto corrente personale e che tale fenomeno è più accentuato per le donne senza titoli di studio. Del resto, la strada verso pieni diritti finanziari per le donne è poco agevole anche in altri paesi. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, il diritto all’apertura di conti correnti è stato riservato ai soli uomini fino agli anni Sessanta e Settanta. Si pensi che negli Usa la legge sulle pari opportunità di credito è stata approvata solo nel 1974: fino ad allora, le banche richiedevano alle donne single, vedove o divorziate di portare un uomo con sé per firmare qualsiasi domanda di credito, indipendentemente dal loro reddito”.
DATI E STEREOTIPI
Secondo gli ultimi dati, su cui hanno influito anche pandemia e lockdown, solo il 49% delle donne in Italia ha un lavoro, oltre a quello della casa e dell’accudimento; e i part time abbassano ancora di più la differenza di stipendio a favore degli uomini, una dipendenza finanziaria della maggioranza delle donne che, ovviamente influisce sulla gestione del denaro: ma non si tratta solo di questo. “La limitata indipendenza finanziaria delle donne – che porta con sé vincoli nelle decisioni di spesa personali e dei figli – ha radici antiche legate alla minore opportunità di lavoro e di generazione di reddito delle donne” continua la professoressa Beccalli. “Oggi che molte donne assumono ruoli sempre più rilevanti in ambito lavorativo, la limitata indipendenza economica è alimentata anche da falsi stereotipi sul genere femminile – adducendo elevata emotività e irrazionalità – che purtroppo trovano ancora spazio nella nostra società. In sostanza, credo si tratti in larga misura di un fenomeno culturale che molte volte trova terreno fertile proprio all’interno delle famiglie. Un fenomeno, pertanto, che per essere arginato richiede innanzitutto programmi di educazione finanziaria rivolti agli adulti, non necessariamente solo donne. Ancora, progetti attivati dallo stesso mondo bancario per aiutare le donne nell’apertura di conti correnti bancari personali”.
In effetti vi sono alcuni siti che propongono corsi semplici e veloci per avvicinarsi alla gestione di un conto, spesso resa un po’ più complicata da password, codici di sicurezza, incrocio di messaggi fra computer, tablet e telefono: per esempio la Banca d’Italia ha online un interessante corso su budget e pianificazione finanziaria, pagamenti elettronici e homebanking sul sito https://economiapertutti.bancaditalia.it/util/donne-contano.html#anc_1
DALLA PARTE DELLE BAMBINE
Infine, un’altra barriera sono gli investimenti: certo non facili da capire, spesso, ma non meno di altri temi che trattiamo quotidianamente. E trovo particolarmente curioso che, mentre le donne gestiscono la economia interna alla famiglia, abbiano (abbiamo, perché mi ci metto anche io) un blocco quando si tratta di economia “esterna”. Facciamo, di fatto, pianificazione finanziaria, ma ci fermiamo quando la cosa diventa in qualche modo “ufficiale”. Che cosa si può fare in proposito? “In effetti, continua Elena Beccalli, la gestione degli investimenti finanziari nelle famiglie è spesso ancora appannaggio degli uomini. Basti menzionare che in un recente studio cui ho collaborato mostriamo che il genere influenza anche il comportamento delle famiglie in termini di investimenti finanziari alla nascita di un bebè.
La ridefinizione delle scelte di investimento è legata al genere: quando la neonata è una bambina, si favoriscono investimenti a più lungo termine, specie verso attività rischiose”.
Infine, c’è un modo di educare le bambine alla economia, ovviamente non nel senso del risparmio ma facendo in modo che si avvicinino alla gestione del denaro in maniera meno impacciata? “Per avvicinare le bambine alla gestione del denaro, conclude la professoressa Beccalli, sono prioritari interventi sui sistemi educativi e, come ho già detto, serve una maggiore educazione finanziaria. Sin dalle scuole primarie bisogna allenare bambine e bambini a “far di conto”, in particolare eliminando quella discriminazione di genere che porta a far credere che le bambine siano meno adatte a confrontarsi con discipline quantitative e finanziare. Quindi bisogna incoraggiare le ragazze allo studio di queste materie e far in modo che nel tempo acquisiscano maggiore consapevolezza delle loro capacità”.
Insomma, se le pubblicità cercano di convincerci che valiamo, pur di venderci qualcosa, è altrettanto importante imparare a contare. Sia in senso matematico che finanziario.