Milano, 1897. Una vita di stenti. Così recita la nota nel momento in cui Giuseppe Bagatti ammette il piccolo Angelo Rizzoli all’orfanotrofio dei Martinitt. Angelo, detto Angiulin, in realtà orfano non è: ma suo padre si è suicidato e sua madre, Giuditta, malgrado si affanni come portinaia e stiratrice non ce la fa a mantenere lui e le sue sorelle. Ed è talmente dura la vita in famiglia che persino l’orfanotrofio, freddo e inospitale, al piccolo Angelo sembra un posto meraviglioso, dove per due volte alla settimana i ragazzini hanno per cena ben due uova sode: e puoi una la mangia e una la porta alla mamma, alla sorellina malata. Niente fa prevedere (anzi, tutto sembra remare contro) che il piccolo Angelo possa diventare, un giorno, un grande editore, un produttore di successo, capace di accumulare una ricchezza imbarazzante. Il suo primo impero come orafo non ha seguito, ma è entrando in una tipografia che trova il suo destino: e l’amore con la fedele Anna.
Il canto della fortuna, scritto da Chiara Bianchi e pubblicato da Salani, attraversa tutta la vita dei Rizzoli, partendo da Angelo per seguire poi i successi e i drammi della famiglia, ma racconta anche una Italia sconvolta da due guerre, da una guerra civile, da profondi mutamenti sociali.
La saga è appassionante perché mostra come, in qualche modo, l’impegno e la cocciutaggine possano portare a straordinari risultati: ma, come diceva spesso Angelo, senza la fortuna non si combina niente.