Lo ammetto: sono provinciale. Provincialissima. D’altra parte persino Giorgio Bocca, piemontese di origine come me, ci aveva scritto persino un libro, Il provinciale. Ma questa volta lo dichiaro perché sono impazzita per Emily in Paris e non ci volevo credere che fra le sue scelte stilistiche ci fossero dei capi di Chiara Ferragni. Imprenditrice che, chiariamoci, ammiro moltissimo, invidio anche un pochino (vi ho detto che vorrei molto essere Chiara Babbions Ferragni;-) ma che ha, giustamente data l’età, gusti molto lontani dai miei. Fra le tante mise che la deliziosa Emily indossa nella serie di Netflix che consiglio vivamente a tutte in questo periodo di cupezza totale, ci sono due pezzi firmato Ferragni: una gonna mini in jeans rosa tinta unita e un completino sempre rosa, ma fantasia. Chapeau a Chiara, ma evidentemente questa è la punta dell’iceberg di un successo evidente, mondiale. Ecco, ci riflettevo ieri: ma perché noi italiani siamo sempre solo pronti ad abbatterci, a svilire ciò che abbiamo e che siamo e persino gli sforzi che alcuni personaggi fanno per aprirci gli occhi. I Ferragnez hanno fatto tantissimo, prima nel finanziare letti Covid con il loro impegno, poi promuovendo il turismo italiano: eppure vengono criticati praticamente per tutto quello che fanno. Non voglio difenderli, non ne hanno certo bisogno: ma proporre una piccola riflessione su come a volte siamo un po’ provinciali…
emily e chiara? loro mondiali, io provinciale!
a cura di ELENA MORA